sabato 5 dicembre 2009

Il Rosso e il Nero

Ho appena finito di leggere il capolavoro di Stendhal. Non è la prima volta che affronto un classico del romanzo (anche se, a dirla tutta, mi ritraggo istintivamente), ma è la prima volta che ho opinioni contrastanti.

Il libro è scritto bene. I dialoghi, le ambientazioni, i personaggi sono frutto di uno studio approfondito e meticoloso. Le due letture critiche in appendice, la prima dell'autore e la seconda di Tomasi di Lampedusa, mettono in luce quanto c'è dietro alla storia raccontata, il primo rivelando il contesto storico sociale e culturale, il secondo le tecniche narrative. Nel complesso, non potrei dire di aver letto il romanzo se non avessi letto i due scritti. Non so se è mio demerito, per carenze culturali o scarsa attenzione, o se la mente che muove la penna è troppo cambiata nel corso di quasi due secoli.
Come accennavo, ho anche una seconda opinione, che non è negativa ma toglie qualcosa alla riuscitezza del libro. La storia ha dei momenti piuttosto noiosi. In particolare, la duplice storia d'amore, che prende quasi metà del libro, mi ha rallentato parecchio. Il modo di pensare e di agire dei personaggi, perfetti nella loro epoca, mi è sembrato noioso e ridondante. Anche il protagonista, che è un antieroe (cosa che ho molto apprezzato) perde molto in questi momenti. D'altra parte, l'altra metà o più trattano la società francese, a Parigi e in provincia, in molte sfaccettature, dal potere aristocratico alla congregazione religiosa. Non ne esce un bel quadro, ma solo se lo guardo con occhi del 2009. E' un ragionamento troppo nietzscheano, forse, e crolla nel momento in cui torniamo a giustificare atti e comportamenti all'interno di un preciso contesto.
Ma sto divagando. Anzi, mi accorgo di non avere molto da aggiungere, al di là del vespaio di idee che ho nella testa in questo momento. So solo che dovrei tornare a scrivere.
Forse lo farò.
In fede,

Salomon Xeno

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